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Le identità delle donne rom, reali e immaginate.

Pubblicato da admin il

di Luna De Rosa

Esplorando l’importanza, le possibili interpretazioni e contesti di come nell’arte, nella fotografia e nei film la figura della donna Rom viene rappresentata e come l’identità, le identità politiche e la visibilità dei corpi delle donne sono correlate tra di loro. Se si vuole vedere che tipo di ideologie discorsive si creano intorno alle donne romaní, bisogna guardare il linguaggio che le circonda. Tuttavia, sembra che pochissimi ricercatori abbiano esaminato come le donne romaní sono rappresentate nei media, e che nessuno studioso abbia scritto sulle loro rappresentazioni su internet, per non parlare delle loro auto-rappresentazioni.


La discriminazione deve essere esplorata con l’aiuto di un approccio intersezionale a causa
del fatto che molte donne devono sfidare l’eteronormatività, l’ageismo e altre forme di
discriminazione che rendono il loro posizionamento all’interno delle società patriarcali ed etnicizzate più complesso.
Hancock richiama per esempio l’attenzione sulle rappresentazioni specifiche delle donne in un articolo “The Gypsy stereotype and the sexualization of Romani women”, egli cita
eccezionalmente gli atteggiamenti pubblici verso le donne romaní come “poco di buone”,
“esotiche”, “intoccabili” e “proibite”. L’autore, tuttavia, si concentra sullo status delle donne
romaní nel passato, ripetendo qui le sue osservazioni relative al periodo della schiavitù e sottolineando che “mentre poteva essere … usata, una donna romaní non poteva diventare
la moglie legale di un uomo bianco”. Le opere di Hancock sono un’eccezione rinfrescante
anche se si concentrano sul passato…
Le donne romaní “esotiche e sessualizzate” non sono una novità, hanno affrontato questa
immagine fin dal loro arrivo in Europa.
È ampiamente accettato tra i teorici che la razza, l’etnia, così come il genere sono categorie socialmente costruite, immaginate e inventate da alcuni poeti storici, che mirano a
giustificare l’egemonia dei potenti. Anche se l’idea che il “popolo romaní” sia socialmente
costruito come gruppo , “l’identità” è ancora e spesso un concetto usato male.
Ciò significa che è necessario mettere in discussione l’esistenza delle essenze che ci rendono “donne rom”. L’identità è socialmente costruita e contestata, per questo è di fondamentale importanza che le donne rom, colpite dalla disuguaglianza e in molti casi dalla povertà, dall’esclusione e dalla discriminazione, siano finalmente viste con le loro vere biografie e identità!
Ovvero far riconoscere che le donne rom sono oggi come oggi in grado di mobilitarsi intorno
a diverse questioni, che sono in grado di educare se stesse e gli altri e di occupare certe posizioni, rappresenta un significativo passo avanti.
La visualizzazione è oggi la forma primaria di successo, controllo e mercificazione!
L’onnipotenza dei media digitali e delle reti sociali è del tutto contraddittoria: mercifica ogni corpo e allo stesso tempo intensifica le differenze strutturali e le disuguaglianze attraverso l’accesso alle tecnologie che realmente guidano il mercato.

La percezione dell’immagine si basa quindi su una “iconografia dell’altro”, plasmata da
“modelli di immaginazione allenati” e da “discorsi sociali”, che tendono a rafforzare le forme di razzismo.
Con diversi gruppi rom sempre più presenti nel ‘quotidiano’ della società mainstream, le
precedenti rappresentazioni esotiche del gruppo in film, arte e romanzi hanno lasciato il
posto a documentari e reality TV che presumibilmente cercano di comprendere la loro realtà contemporanea come diversa dal passato.
È all’interno dei media che le identità sono prodotte attraverso il “divenire e l’essere”, cioè il “gioco” tra storie e futuri. Perché le identità sono costantemente in movimento,
rispondendo alle storie, alle culture e alle strutture di potere che le circondano. Ed è
attraverso questi “regimi dominanti di rappresentazione” che i gruppi possono arrivare a vedersi come Altro.
Le immagini giocano un ruolo cruciale nel definire e controllare il potere politico e sociale a cui hanno accesso sia gli individui che i gruppi emarginati. La natura profondamente ideologica delle immagini determina non solo cosa gli altri pensano di noi, ma anche cosa noi pensiamo di noi stessi.
Lo stereotipo “della zingara” per esempio che troviamo spesso nelle foto, nei dipinti o su
internet contiene sempre la nozione di “tribù”. Di conseguenza, il termine “zingara” e
accoppiato alla nozione “famiglia” e “fertilità” imposta dal motivo “madre con figli” per cui
rappresentata sempre con tanti bambini/figli che la circondano.
Mancano le immagini di donne Rom indipendenti, sicure di sé e di successo! Avere Romnia che raccontano la nostra cultura come giornaliste, artiste e allo stesso tempo fanno finalmente sentire la loro voce come attiviste per rivendicare i nostri diritti, è un ruolo nuovo e importante per incoraggiare quelle donne che ancora vivono la discriminazione e soprattutto per il futuro dei giovani e dei nostri figli che non devono assolutamente vivere la sensazione di differenza, ma piuttosto sentirsi parte di una cultura antica e ricca che è quella
romaní.
Persone come me che si fondono nella società italiana o in altre, ma allo stesso tempo sono attente a rivelare le proprie radici/identità, l’arte diventa un modo o meglio l’opportunità di incontrare e relazionarsi con le storie e i background di Rom, e soprattutto delle Romnia.
Storie che ruotano attorno a eventi e circostanze politiche, economiche nelle comunità Rom e nella nostra quotidianetà che ritraggono le qualità intriganti:saggezza,compassione e
spiritualita.̀Ma è anche quello di tracciare un’immagine delle donne rom che di solito
rimane invisibile perché non assomiglia allo stereotipo esistente.
In molte artiste Rom il corpo è sicuramente un tema importante, molte di noi lavorano nel
campo della performance e collegano il corpo con il contesto sociale che lo governa e lo
definisce essenzialmente, e mettono in atto un approccio interscalare all’auto- emancipazione collettiva delle donne oppresse. Temi come quelli sulle questioni di identità, razza, genere, sessualità, e la continua violenza ed esclusione contro coloro che sono percepiti come “altro” nella società, per esempio nelle opere di Delaine Le Bas sono molto importanti, così come le fotografie di Valérie Leray, si concentra su due aree di esplorazione, ritratti (identità), e luoghi (memoria). Ciò che spinge Leray, in modo etico, è cercare di trovare l’identità sotto la categoria, così come la questione della memoria si inscrive nell’apprensione dei luoghi.

Concludo il mio intervento con una domanda, ovvero: “Cosa vuol dire essere Romnia?!” la
mia risposta come spero lo sia per tante altre persone rimane aperta, poiché non esiste un
identificazione, ma esistono diverse circostanze che rendono un identità in movimento e in continua trasformazione.
Per cui quella della Romnia è un identità dilemma, un identità multipla, fluida dai multipli valori nel tempo e nello spazio.

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